Una riflessione, un aggiornamento e una proposta avanzata a cura del gruppo Labsus attivo in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.

Diversi ma affini

Da quindici anni Labsus aggrega un numero sempre crescente di persone accomunate dall’essere attive nella cura dei Beni comuni e interessate ad amministrarli in modo condiviso. Con questa prospettiva di esperienza possiamo oggi chiederci che tipo di comunità siamo e, soprattutto: che comunità vogliamo diventare? Già nel 2015, solo un anno dopo l’adozione del primo Regolamento, emergeva con una certa chiarezza una nostra caratteristica particolare: «Siamo in tanti, diversi e in tutta Italia». Ci stupì infatti l’eterogeneità dei profili di chi frequentava il nostro sito web: a contattarci per avere più informazioni sui Patti di collaborazione, piuttosto che per contribuire al racconto delle proprie esperienze di cura dei Beni comuni, infatti, non erano solo le pubbliche amministrazioni locali, ma anche liberi professionisti, gruppi informali di genitori, associazioni grandi e piccole, soggetti profit, singoli abitanti con gli interessi più variegati, imprenditori sociali, pensionati attivi eccetera.

Comunità attive nel nome dell’interesse generale

Ci sono molti modi per descrivere le comunità. Ad esempio si potrebbe parlare di Labsus come di una comunità di interessi, visto che nel tempo questa definizione si è allargata dalla sfera economica a quella sociale e ambientale. Cosa ci guadagnano le persone che investono le proprie energie in esperienze di Amministrazione condivisa? Anzitutto migliorano la qualità della vita propria e di altre persone. Ma, a differenza delle comunità di interessi intese in senso tradizionale, costituiscono nel complesso una novità perché sono comunità attive nel nome dell’interesse generale e non degli interessi particolari(stici). Molto diverse sono le sensibilità, le capacità e le passioni che muovono l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati: ma, a ben vedere, il filo rosso è un comune impegno per l’evoluzione della “democrazia contributiva”. La chiamiamo così per mettere l’accento su quelle che, a partire dalla fine degli anni Novanta, il teorico dell’educazione Etienne Wenger iniziò a definire come comunità di pratica. La sezione Patti del sito di Labsus costituisce un ricco archivio commentato di atti amministrativi che sono alla base di esperienze di mutuo apprendimento e ricerca collettiva di significato civico, prima che tematico, quali ad esempio le comunità di pratiche scolastiche.

Una comunità di affinità di respiro nazionale

Il primo tentativo di costruzione di una rete di amministratori con responsabilità di tipo tecnico, tutti interessati all’Amministrazione condivisa dei Beni comuni, Labsus lo fece convocando un incontro a Roma, nell’estate del 2015. Perché partire da funzionari, dirigenti e dipendenti pubblici? Perché l’ipotesi, poi confermata dall’andamento dei Patti, era che fossero loro gli interlocutori privilegiati degli italiani attivi. Nella primavera del 2019, un altro incontro di respiro nazionale fu ospitato dalla Fondazione Cariplo, a Milano, e lo organizzammo insieme al Touring Club Italiano invitando Legambiente, Caritas ambrosiana, FAI, Slowfood e CAI lanciando il messaggio che a una massa critica più consolidata di cittadini attivi si stava aggiungendo un complesso di contraenti di patti di collaborazione, formando una compagine di persone unite in una comunità di affinità che descrivemmo come “l’Italia che si prende cura dell’Italia”. Nel dicembre dello stesso anno – insieme al Comune di Bologna, alla Fondazione Innovazione urbana, Anci ed Asvis – lanciammo l’idea di un patto tra i Comuni che avevano adottato il Regolamento per l’Amministrazione condivisa dei Beni comuni.

La definizione di benicommunity è wiki!

La benicommunity come percorso di costruzione di una comunità di enti pubblici, del Terzo settore e di altri soggetti impegnati in pratiche di Amministrazione condivisa dei Beni comuni non è dunque già definita. Uno dei temi maggiormente toccato è stato il bisogno di confronto e di supporto che molti partecipanti hanno condiviso, quindi la possibilità attraverso la benicommunity di scambiarsi buone pratiche, consigli e strategie per l’Amministrazione condivisa. Esiste un diffuso bisogno di costruire ponti tra i comuni, relazioni che possano supportare nella messa in pratica dei Patti di collaborazione sul piano concreto, ma anche nella possibilità di alzare il livello della riflessione che il cambiamento di approccio dell’Amministrazione condivisa presuppone. La comunità di affinità è vissuta per ora come possibile piattaforma che può permettere di costruire una rete di interlocutori e alleati, con cui condividere difficoltà, passione e volontà di azione.

La benicommunity nel nord-ovest: come un fiore

Grazie al sostegno fondamentale della Compagnia di San Paolo, siamo attivi in Piemonte dal 2016: non la chiamavamo ancora “benicommunity” ma ci stavamo già lavorando! Per anni le persone attive in Labsus si sono impegnate in azioni di formazione e accompagnamento di amministratori pubblici locali, responsabili scolastici, associazioni, imprese sociali. Arrivati a questo punto del percorso del laboratorio per la sussidiarietà, la comunità di affinità nazionale può iniziare ad assumere una dimensione di confronto e scambio interregionale. Con una prospettiva triennale che ci permette di avere una prospettiva di medio periodo, ci siamo rappresentati dalla metafora di un fiore il cui terreno stiamo coltivando da anni insieme ad altri soggetti, come descritto sopra. Di questo fiore, Labsus altro non è che uno dei soggetti che se ne prendono cura in un giardino condiviso e sempre aperto al contributo di chi, in modo affine, ha come noi una visione di democrazia contributiva. Non solo i petali, ma la stessa corolla e lo stelo stesso, costituiscono la benicommunity. I petali ben rappresentano progetti e azioni specifiche, quali: 1) i tavoli intercomunali, ospitati a turno dai Comuni, che descriveremo in seguito; 2) le “Officine dei Beni comuni” per promuovere il dibattito attorno ad alcune questioni di attualità (come stare alla giusta vicinanza durante la pandemia, ripensare tanto le scuole quanto i beni digitali come Beni comuni); 3) i bandi che si ispirano all’Amministrazione condivisa promuovendo alleanze ibride, come è “Space” per il sostegno a presidi culturali e civici in Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta; 4) il tema della co-progettazione anche nella prospettiva delle imprese e cooperative di comunità; e così via, nell’ottica che la maggior parte dei petali siano ancora, per così dire, come fogli bianchi.

 

Chi seguirà l’iniziativa di Chieri e Collegno?

Dalla lettera di invito del Comune di Collegno agli altri Comuni:

Sta nascendo una community, inclusiva ed in continuo fermento che ha bisogno delle idee di tutti noi, “esperti” e non: appartenenza a livelli territoriali diversi e diverse esperienze non potranno che arricchire il discorso pubblico e lo scambio tra di noi. Desideriamo ringraziare Labsus per averci dato l’opportunità di condividere e sperimentare nuove pratiche di democrazia e partecipazione e nuove forme di collaborazione caratterizzate dalla presenza diffusa di cittadini attivi, alleati dell’Amministrazione nel prendersi cura dei beni comuni.

C’erano già stati gli antefatti, diverse occasioni per fare rete, perché è proprio vero che si osa di più se si fa insieme, citando il segretario comunale Antonio Conato: dal primo tavolo di lavoro intercomunale del 12 dicembre scorso, ospitato e fortemente voluto dal Comune di Chieri, alle molte formazioni e incontri di gruppo di questi anni a partire dall’area della città metropolitana di Torino, fino alla due giorni bolognese, il 6 e 7 dicembre 2019, un Patto tra le città per l’immaginazione civica e la cura condivisa dei beni comuni. Il 12 marzo 2021 è stato il turno del Comune di Collegno per accompagnare lo sviluppo di uno dei petali della benicommunity: la community di amministratori dell’Amministrazione condivisa dei Beni comuni. I partecipanti sono stati una cinquantina, tra politici e tecnici, dai Comuni di Torino, Chieri, Sant’Antonino di Susa, Grugliasco, Chivasso, Piossasco, Leinì, Druento, Torre Pellice, Susa, Condove, Pinerolo, Almese, Settimo Torinese, ospite trainante il Comune di Collegno, con il coinvolgimento di Anci Piemonte. A partire dal nord-ovest, con sviluppi che ancora non possiamo prevedere, ci siamo incontrati online per lavorare sui temi fondamentali della comunicazione e organizzazione interna degli uffici, sulla comunicazione esterna, verso i cittadini, sui Beni comuni immateriali e sullo sfidante tema della sicurezza e responsabilità nella gestione dei Patti di collaborazione (la formazione e lo scambio di buone pratiche è stato il bisogno trasversalmente identificato come prioritario).

Scambi continui, sulle procedure come sulle narrazioni

Alcuni partecipanti hanno proposto una “mobilità interna” nel campo dell’Amministrazione condivisa, una sorta di progetto Erasmus interregionale per esplorare le soluzioni messe in atto da altre amministrazioni: un modo per ripensare il proprio percorso e rielaborarlo anche attraverso le buone pratiche altrui. Ma tale scambio non prevederebbe solo di analizzare e innovare gli aspetti procedurali, ma anche quelli narrativi. Come percepiscono e raccontano i Regolamenti, i Patti e l’Amministrazione condivisa i cittadini, gli amministratori, i funzionari? Ancora una volta gli aspetti procedurali vanno di pari passo con la riflessione culturale e la capacità di comunicare tra cittadini di età diverse, funzionari di settori differenti e amministratori con varie priorità politiche e tecniche.

Allargare la comunità a chi non ne fa ancora parte

Emerge forte, d’altra parte, il bisogno di andare oltre lo scambio, di costruire qualcosa insieme che permetta di coinvolgere nuovi territori nel nord-ovest, che in alcuni casi hanno già adottato il Regolamento e stipulano i Patti di collaborazione, ma sono isolati e sconosciuti alla benicommunity (né, reciprocamente, ne conoscono ancora l’esistenza), ma molto più frequentemente sono completamente e inconsapevolmente estranei alla cultura dell’Amministrazione condivisa dei Beni comuni. Parliamo di città di grandi e medie dimensioni così come di territori rurali, paesi montani e sistemi di valle: appare fondamentale che ognuno trovi il proprio posto nella benicommunity e che possa proporre collaborazioni tra luoghi omogenei che vivono le stesse problematiche ambientali (fra tutti spicca il caso della Val di Susa) ma allo stesso tempo c’è una diffusa voglia anche ad attingere da esperienze completamente diverse.

Ogni città con le proprie specificità e la propria identità, il proprio approccio all’Amministrazione condivisa, le proprie problematiche territoriali, contribuisce alla costruzione della community e della conoscenza condivisa. Accanto a una diffusa sete di “formazione” emerge la volontà di pensare insieme alle possibilità di un percorso che comprenda un approccio peer to peer, auspicato da molti. Si tratta di un percorso da fare insieme con una chiara intenzione politica di comunità, che ancora una volta deve riflettere sul piano della concretezza, del lavoro del quotidiano, ambendo al tempo stesso a stare su un livello più alto, di pensiero condiviso. Insomma…
… è tempo di lavorare e pensare insieme, come si fa in ogni laboratorio di qualità!

 

Per ulteriori informazioni scrivere a amministrazionecondivisa@labsus.net oppure a info@labsus.net.

 

Foto di copertina: Beeozanam, spazio gestito e rigenerato tramite un Patto di collaborazione a Torino

Prima foto dell’articolo: evento organizzato nell’ambito del patto “La Rocchetta – Agrilab” – Comune di Chieri

Seconda foto dell’articolo: attività organizzata nell’ambito del patto “Pump Track” – Comune di Collegno