La storia di “Sinergie in Canavese”, un progetto per il rilancio della montagna costruito attorno al Pnrr e l’iniziativa della Camera di commercio di Torino per creare una comunità energetica a trazione d’impresa.
Quando due anni fa hanno deciso di costituire una green community del Canavese per accedere ai fondi del Pnrr puntavano a una transizione ecologica ed energetica che coinvolgesse i 27 comuni e le cinque Unioni montane della zona, con partner il versante piemontese del Parco del Gran Paradiso. Obiettivo: promuovere la crescita e lo sviluppo sostenibile dell’area, integrando e valorizzando le risorse locali. D’altronde Marco Bussone, presidente nazionale dell’Uncem, l’Unione dei comuni montani e consigliere dell’Unione montana Valli di Lanzo – tra i promotori della green community – lo ha ripetuto più volte: «Servono azioni di impatto per garantire un futuro alla montagna. Ma ad una condizione: che si coinvolgano le comunità locali, il vero motore del rilancio. Senza i territori, la transizione e la crisi non si affrontano». Di fatto la “Green community Sinergie in Canavese” – che è guidata dal presidente dell’Unione Valli Orco e Soana Marco Bonatto Marchello – rappresenta un bell’esempio di economia di impatto. Perché mette al centro le comunità ponendo quindi le basi per una transizione energetica che tenga conto della dimensione sociale, senza la quale è ormai chiaro che una transizione ambientale profondamente sostenibile e duratura non possa avere luogo. Un approccio non scontato in un contesto in cui anche gli investimenti privati devono contemplare un approccio addizionale, mettendo in conto di intervenire in aree più sfidanti sotto il profilo delle dinamiche remunerative del mercato. In questo quadro l’importante contributo di fondi pubblici – oltre quattro milioni garantiti dai fondi Pnrr – è una leva importante per un processo catalizzatore di nuove iniziative. I fondi sono stati progettati per produrre un valore per le persone e per il territorio. Qualche esempio? La realizzazione di sei vasche per la raccolta delle acque piovane per assicurare in una serie di punti nevralgici del Canavese riserve idriche cui attingere in caso di incendi nei boschi e per fronteggiare periodi di siccità in agricoltura. Oppure la riconversione di un sito industriale in uno stabilimento della filiera del legno, garantendo posti di lavoro e un risparmio anche nel consumo di suolo. L’impatto è compreso in tutti i diciannove interventi che la green community realizzerà entro i prossimi due anni, come impone il Pnrr: l’investimento, oltre al rischio e al rendimento, tiene conto soprattutto dei benefici di questi modelli di rigenerazione del territorio, in linea con i principi dell’intenzionalità e dell’addizionalità alla base dell’economia d’impatto. Inoltre, si misura il ritorno non solo economico che questi interventi avranno per la comunità del Canavese. «È questa la visione di una montagna che pensa al futuro – insiste Bussone -. D’altronde le terre alte possono davvero essere il campo giusto dove sperimentare investimenti che producano contemporaneamente impatto sociale e ambientale. Lo sviluppo della filiera del legno ne è forse l’esempio più virtuoso: perché garantisce cura dei boschi e posti di lavoro in montagna, permettendo anche un’altra buona pratica: l’economia circolare».
«D’altronde sin da subito il nostro progetto si è imposto di comprendere tutti i nove ambiti tematici che sono alla base dello sviluppo delle Green Communities in una strategia da Nord a Sud: l’energia rinnovabile, le risorse idriche e forestali, l’efficienza degli edifici, lo sviluppo in chiave sostenibile del turismo, della mobilità e delle filiere produttive locali» spiegano da “Sinergie in Canavese”. E nei progetti della green community c’è anche una Cer, cioè una comunità energetica per produrre e condividere localmente l’energia prodotta attraverso fonti rinnovabili.
E alle Cer guarda con interesse anche la Camera di commercio di Torino. Spiega Guido Bolatto, segretario generale: «Tutto è partito dalla crisi energetica di due anni fa, con i prezzi di luce e gas alle stelle e le nostre associate alle prese con una gestione dei costi sempre più complicata. Scartata l’ipotesi di contributi a pioggia perché non avrebbe risolto il problema, abbiamo puntato sulle Cer. Con un punto di partenza chiaro: dovevano essere delle comunità energetiche a trazione d’impresa. Abbiamo fatto un censimento. Alla fine abbiamo individuato due cabine primarie: una a Torino, nel quartiere Aurora, l’altra nell’hinterland a Strambino. Contiamo di coinvolgere tra i consumatori molti commercianti e tra i produttori anche alcuni alberghi che possono sfruttare i tetti per installare impianti fotovoltaici».
Nel progetto sono stati coinvolti pure gli ordini professionali, in particolare nella fase d’avvio, avvocati e notai, per stilare lo statuto della Cer. L’obiettivo finale della Camera di commercio è mettere a punto un modello che sia replicabile. «Nella sostanza un modello di Cer chiavi in mano che comprenda business plan, statuto, governance – aggiunge Bolatto -. In altre parole, un prototipo di Cer che poi si può adattare ma che intanto risolve alcuni dei nodi più complicati in partenza perché le incognite sono davvero tante, a cominciare dal capire il nodo fiscalità. Ecco perché è importante contare su un team di professionisti che sappia interpretare nel modo corretto la normativa». Il bando, aperto alle micro, piccole medie imprese di qualsiasi settore in provincia di Torino, è aperto fino all’autunno. La giunta camerale ha stanziato oltre 220 mila euro sotto la voce “Bando transizione energetica – Cer 2024”, prevedendo Contributi sotto forma di voucher. Altri bandi (e contributi) entro l’anno sono previsti dalla Regione Piemonte (attraverso Finpiemonte, per qualsiasi impresa) e dalla Fondazione Compagnia di San Paolo (per Cer già costituite).