Da mesi, il mondo delle imprese attendeva un aggiornamento del quadro normativo ESG a livello europeo. Da una parte, molte aziende chiedevano una riduzione della complessità burocratica per rimanere competitive, dall’altra gli investitori puntavano a mantenere alti gli standard di trasparenza. La Commissione Europea ha cercato di bilanciare queste esigenze con il primo pacchetto Omnibus, una riforma volta a ridisegnare il panorama della sostenibilità aziendale, e che, almeno sul fronte della rendicontazione, sembra “congelare” la situazione attuale.

Presentata il 26 febbraio, la riforma propone una revisione sostanziale delle principali normative sulla sostenibilità, nell’ottica della semplificazione. La proposta coinvolge tre aspetti chiave della regolamentazione ESG:

  • la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che regola l’obbligo di rendicontazione della sostenibilità per le imprese europee
  • la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD o CS3D), che stabilisce le responsabilità delle aziende in materia di diritti umani e impatti ambientali lungo la catena di fornitura
  • la Tassonomia UE, che definisce quali attività economiche possano essere considerate sostenibili.

La direzione presa dall’Unione Europea è chiara: meno burocrazia, più attenzione alle grandi imprese, e maggiore flessibilità per le piccole e medie imprese.

Quali i principali cambiamenti introdotti dal pacchetto Omnibus?

Il pacchetto Omnibus modifica i criteri della CSRD, restringendo il numero di aziende obbligate a rendicontare la sostenibilità. Le nuove soglie fissano il limite minimo a 1.000 dipendenti e 50 milioni di euro di fatturato, o 25 milioni di euro di attivo patrimoniale, escludendo circa l’80% delle imprese precedentemente coinvolte.

Inoltre, è stato proposto di rinviare di due anni l’obbligo di rendicontazione per le aziende in scope, che dovranno iniziare a riportare le informazioni nel 2028, anziché nel 2026 o 2027.

Le aziende non più soggette alla CSRD potranno seguire uno standard volontario, basato su quello per le PMI (SME), che limiterà le informazioni richieste dalle aziende o banche che rientrano nel perimetro della CSRD.

La CSDDD viene modificata in due aree chiave:

  • Controllo limitato ai fornitori diretti: le imprese non dovranno più monitorare l’intera catena di fornitura, ma solo i fornitori diretti.
  • Verifiche meno frequenti: le valutazioni ESG obbligatorie passeranno da annuali a ogni cinque anni, riducendo il monitoraggio continuo.

Inoltre, viene eliminata la responsabilità civile a livello europeo, lasciando ai singoli Stati membri il compito di stabilire le modalità di compensazione in caso di violazioni. Questo potrebbe portare a una frammentazione normativa.

Le nuove soglie di rendicontazione, tra il rischio di minore trasparenza e il rischio di contrapporre sostenibilità e competitività

Va ricordato che il pacchetto Omnibus è, al momento, solo una proposta che dovrà essere approvata dal Parlamento e dal Consiglio Europei. Il processo potrebbe richiedere dai 4 ai 7 mesi, e solo dopo sarà recepito dagli Stati membri. Pertanto, non sarà una transizione immediata, e sarà cruciale tenere sotto controllo gli sviluppi normativi per supportare le imprese nell’adattarsi a un contesto in costante evoluzione.

Il professor Mario Calderini, ordinario del Politecnico di Milano e portavoce di Torino Social Impact, richiama l’attenzione sul pericoloso messaggio, tra le righe della proposta, che la competitività sia nemica della sostenibilità. Inoltre mette in guardia dal rischio che l’eccesso di semplificazione delle varie direttive coinvolte porti di fatto a uno svuotamento delle stesse e ad un rischio di minore trasparenza.

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