Gli esclusi tornano cittadini che creano valore e impresa, diventando a loro volta ambasciatori di un modo diverso di interpretare economia e finanza. Il racconto del founder Andrea Limone: ecco le “ricadute” di cui hanno beneficiato famiglie e imprese (e, indirettamente, anche il musicista Fedez).

Nella loro storia, iniziata nel 2007 a Torino, si sono impegnati a sostenere 3.705 imprese e 24.133 famiglie con finanziamenti per complessivi 205,9 milioni di euro. Hanno creato quasi duemila posti di lavoro, generando un aumento delle entrate nelle asfittiche casse dello Stato di 96 milioni e riducendo la spesa pubblica di almeno 15 milioni. Tutto questo grazie a una gestione intelligente del microcredito, ovvero lo «strumento finanziario rivolto a chi non riesce ad accedere al credito tradizionale a causa di mancanza di garanzie reali oppure per insufficiente storico creditizio». In buona sostanza, accompagnano i soggetti “non bancabili”, cioè esclusi, perché non hanno parametri di solvibilità: piccole aziende, genitori, coppie, spesso stranieri, «deboli e a rischio di emarginazione», proponendo «una valida opportunità di inclusione finanziaria e sociale».

L’intuizione

Benvenuti a PerMicro. Quartier generale in via XX settembre a Torino, 5,3 milioni di capitale sociale, 19 filiali in 12 regioni e 70 dipendenti, di cui oltre la metà donne. Fondata grazie al sostegno di Oltre Venture e di Fondazione Paideia, nel 2011 si è trasformata in Spa, diventando nel 2017 una “nuova 106 vigilata da Banca d’Italia”, una società di intermediazione finanziaria non bancaria le cui regole fanno riferimento, giustappunto, all’articolo 106 del Testo unico bancario (Tub).  L’intuizione originaria di questa avventura imprenditoriale è di Andrea Limone, classe 1978, sposato, padre di quattro figli, una laurea in economia con lode all’Università di Torino e master in Microfinance a Bergamo. Adesso è il presidente di PerMicro, dopo esserne stato per lungo tempo l’amministratore delegato, carica adesso ricoperta da Benigno Imbriano: «Nel 2007 – racconta Limone – avevo concluso le mie prime esperienze professionali a Mag2, una coop finanziaria, e a Banca Popolare Etica dopo una tesi di laurea sul microcredito nei Paesi industrializzati. Il mio desiderio era di avviare un’attività simile anche in Italia».

L’evoluzione e la mission

PerMicro è una società la cui quota principale è detenuta da BNL Bnp Paribas (21,6%), partner industriale di riferimento. Ma ne fanno parte società di private equity (come Ersel e Finde) e investitori istituzionali (Fondazione Sviluppo e Crescita Crt, Banca Etica, Fondazione Compagnia di San Paolo, per esempio) e alcuni investitori privati. Limone ha sulla scrivania vicende e dossier che aprono finestre su una Italia e su una economia diversa possibili, grazie a prodotti specifici nati con una strategia precisa. Rilegge ad alta voce mission e valori: «Creiamo occupazione e inclusione sociale – scandisce misurando le parole – attraverso l’erogazione professionale di crediti e microcrediti, l’educazione finanziaria e l’offerta di servizi di avviamento e accompagnamento all’impresa, in un’ottica di sostenibilità della nostra attività. Ci rivolgiamo a persone competenti con una buona idea imprenditoriale e a persone con esigenze finanziarie primarie, come casa, salute, formazione, escluse dai tradizionali canali del credito per insufficiente storia creditizia o precaria posizione lavorativa».

Dunque, assistenza? «Tutt’altro – s’inalbera Andrea Limone –, cerchiamo al contrario di considerare le persone di cui ci occupiamo “clienti” a tutti gli effetti, restituendo loro in molti casi la dignità di cittadini che con senso di corresponsabilità avviano una attività imprenditoriale o tengono in piedi una famiglia, restituendo ciò che ricevono. Sapendo bene che in questo modo si creano ricadute positive sui territori».

L’impact economy e i numeri

Nella vicenda di PerMicro ci sono tutti gli ingredienti che caratterizzano una impresa orientata alla impact economy: l’intenzionalità (perché è nella sua mission creare impatto, e lo si dice anche nei piani industriali), l’addizionalità (perché agiscono in aree di intervento nelle quali i normali meccanismi di mercato non funzionano al meglio) e la misurabilità (dando conto di quanto si è fatto). A fine luglio 2020, non a caso, hanno presentato un report condotto da Tiresia del Politecnico di Milano sulle ricadute di dieci anni di attività. I numeri sono molto significativi. Qualche esempio: dopo il finanziamento ricevuto il 33% degli imprenditori ha avuto accesso al credito tradizionale, il 43% ha migliorato la sua posizione lavorativa, ma soprattutto l’83% ha soddisfatto il bisogno per cui era stato chiesto il prestito. Mediamente, ogni impresa ha creato 1,2 posti di lavoro, il 74% delle aziende già in essere ha aumentato i propri ricavi e il 57% degli imprenditori finanziati è riuscito ad avviare una attività. PerMicro, in questi anni, è diventata socio fondatore della Rete Italiana degli operatori di Microfinanza (RITMI) e membro attivo dell’European Microfinance Network (EMN).

Le ricadute, tra Fedez e la comunità filippina

Qualche caso significativo? «Ne indico due – è ancora Andrea Limone a raccontare –. Il primo riguarda il nostro sostegno al founder di Soundreef, Davide d’Atri. Ha creato una società competitor della Siae, che si occupa di diritti musicali, ha creato innovazione nel settore e posti di lavoro, sostenendo nuovi e importanti musicisti». Come Fedez, per dire, entrato poi nella sua “scuderia”. Insomma, una persona capace che ha scardinato un monopolio e messo in piedi un business significativo. «Soprattutto – incalza Limone – d’Atri non dimentica il passato ed è sempre pronto a raccontare come è partito grazie al microcredito: una testimonianza utile e onesta.

Il secondo caso riguarda la comunità straniera dei filippini. Penso a Rosalie, una donna con cui siamo entrati in contatto a Torino. Ebbene, aveva richiesto un finanziamento famiglia per poter aiutare la madre con problemi di salute e per acquistare un terreno nuovo nelle Filippine, dove poter aprire un’attività agricola per il fratello. Rosalie è da sempre impegnata nell’Associazione Acfil (l’Associazione culturale filippina) in Piemonte come volontaria; aveva iniziato come layout artist della rivista periodica Tambuli. È stata presidente della associazione nata per rafforzare lo spirito di solidarietà tra i cittadini filippini residenti nella regione. Rosalie, come D’Atri, diventano a loro volta ambasciatori di un modo diverso di affrontare l’impresa, le difficoltà, la voglia di crescere di fare bene. Insomma, scatta una forma di “restituzione” anche culturale».

L’epoca del Coronavirus e la comunicazione

Questi tempi difficili di pandemia stanno cambiando lo scenario? «L’impresa deve essere sociale perché non si può fare diverso – conclude il presidente di PerMicro Andrea Limone –. A maggior ragione adesso dobbiamo essere veloci, semplici, professionali. È cresciuto il microcredito alle famiglie, è diminuito quello alle imprese. Non è cambiata la tipologia, ma la difficoltà a pagare e ad affrontare la burocrazia italiana. Penso che sia opportuno migliorare il modo di comunicare. L’impact economy funziona di più se diventa anche semplice ed essenziale nel raccontarsi: alla gente, ai decisori pubblici e privati».